Area Riservata

Il massaggio del messaggio
 

Molto ma molto tempo fa, all’università, ho inserito nel piano di studi (mi verrebbe da scrivere piano dei conti) un esame jolly: uno di quegli esami che ti servono solamente per mantenere alta la media annua, ma senza fare troppa fatica. Scelsi l’esame di Diritto della comunicazione. Con mia sorpresa scoprii, poi, che l’esame era tutt’altro che uno scherzo. A parte questo ed a parte i risvolti giuridici delle questioni affrontate, la materia si rivelò interessante e intrigante soprattutto nella parte che approfondiva lo stimolo che vuole determinare il messaggio della comunicazione in genere e della pubblicità in particolare. Veniva definito il massaggio del messaggio: lo stimolo cerebrale della comunicazione pubblicitaria.
 
Da allora guardo con occhio critico gli spot pubblicitari per valutare quale massaggio determinino alle mie scarse cellule cerebrali. Ditemi Voi se le mie riflessioni sono sbagliate o non corrette.
 
1) Sono anni se non decenni che ci tormentano con la lunghezza del rotolone di carta igienica. Sono consapevole che è un argomento spinoso, complesso ed anche imbarazzante, però persistono nel farci vedere una massa di deficienti che continua a correre dietro un rotolone di carta igienica che si srotola per chilometri e chilometri. Quale dovrebbe essere il massaggio mentale di questo messaggio pubblicitario? Che siamo tutti scemi? Sarebbe stato sufficiente continuare ad arrovellare la mente degli italiani sull’altezza di dieci piani di morbidezza: quanti sono dieci piani? devo considerare anche l’interrato? e il sottotetto si conta al 50%? se c’è il seminterrato sei fuori gioco: lascia perdere. Le stupidità, si sa, non finiscono mai!
 
2) I meno giovani se lo ricordano e chi l’ha visto non se lo scorda più: il mitico filo di lana. Ma dove sono finiti quei pubblicitari, ai quali andrebbe consegnato un Oscar, un David di Donatello ed anche un premio Nobel per la Pace, che hanno avuto la geniale e travolgente idea di fare impigliare, nella sedia, il filo di lana del vestitino di Charlize Theron. Quel favoloso filo di lana che piano piano scuce il vestito e lentamente libera un mondo meraviglioso che però nessuno riesce a scorgere perché, come sempre, le cose belle finiscono troppo presto!
 
3) L’ultima trovata del conto arancio è l’irriverente e sfacciato spot pubblicitario di Elio e le Storie Tese che, in una ambientazione vagamente caraibica, canticchiano che per avere un interesse sul conto corrente non devi fare un tasso, anzi che puoi fare quel tasso che vuoi e anche che puoi non fare un tasso. Ma che tasso dicono!

stefano benatti

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Il vaso di Pandora
 
Un giorno, nel tempo prima del tempo, gli uomini vivevano sulla terra in pace, privi di preoccupazioni, senza scandali e corruzioni, liberi di lavorare, senza scioperi, senza crisi economiche, privi di rotture di scatole. Erano diventati, però, arroganti al punto di pensare di poter fare a meno degli Dei e della loro protezione.
 
Zeus, il sovrano dell’Olimpo, irritato da cotanta insolenza, decise così di punirli. Mandò a chiamare Vulcano, il fabbro degli Dei e gli ordinò di realizzare una donna.
"Costruire una donna?!? Non sono in grado di farlo" gli disse.
"Te lo ordino!!!" ripeté Zeus adirato. "Gli uomini devono essere puniti per la loro irriverenza!"
 
E Vulcano obbediente se ne tornò alle sue fucine e cominciò a costruire la donna.
Nulla però era impossibile per Vulcano che, con le sue braccia possenti modellò la donna, la plasmò (cosa che in certi momenti non gli dispiacque neanche tanto), la colorò di tenero rosa e le diede come anima una scintilla del fuoco divino che ardeva in continuazione nelle fucine dell’Olimpo. Finita l’opera, la donna aprì gli incantevoli occhi blu, sorrise e mosse le membra con divina grazia.
 
Zeus le mise nome Pandora, le consegnò un vaso e le disse: “Porterai questo vaso (da allora noto come il “vaso di Pandora”) con te, quando andrai sulla terra. Esso contiene tutti i mali che possono far piangere, soffrire e rovinare gli uomini. Guardati dunque dall'aprirlo, essi si spargerebbero per il mondo, mentre, se resteranno chiusi qui dentro, rimarranno imprigionati in eterno e non potranno nuocere a nessuno”.
 
Pandora accolse, grata, il vaso da Zeus e salita su un cocchio dorato a forma di cigno, trainato da cigni, scese sulla terra.
 
Ma la curiosità, si sa, è donna. Pandora, infatti, appena giunta sulla terra volle vedere a tutti i costi cosa contenesse il vaso e piano piano lo aprì. Dal vaso, però, in un attimo uscì, a folate enormi, un fumo nero, denso e acre e mille fantasmi orribili si delinearono in quelle tenebre paurose che invasero il mondo e oscurarono il sole.
 
C'erano tutte le mostruosità e tutti i vizi e la causa di tutte le sofferenze; dal vaso uscirono a frotte, tra le altre malvagità e crudeltà che si diffusero per l’intero globo terrestre, gli autoproclamati, demenziali e psicopatici capi di stato di potenze nucleari con le loro atroci mire espansionistiche su paesi confinanti, i politici (quasi tutti italiani) con valigie piene di contanti e con le loro bandierine del Qatar, i governatori delle banche centrali con i loro scellerati annunci sugli aumenti dei tassi di interesse, gli speculatori con i loro rincari del prezzo del gas, della benzina (ancor più del gasolio) e dell’energia elettrica ed i bancari con le loro menzogne.
 
Invano Pandora cercò di chiudere il vaso. Solo quando tutto il fumo ne fu uscito, Pandora riuscì a guardare all’interno e scorse un grazioso piccolo uccellino azzurro. Era la Speranza, l’unico bene rimasto agli uomini a conforto delle loro sventure.

stefano benatti

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Per Dono
 
Prodigo quest’anno è stato il Natale
per dono ci ha dato anche il condono,
da tanti invocato come mezzo ideale
che purga il passato chiedendo perdono.
 
Chi dice per forza o senza un perché
di pecche nascoste non poche ce n’è,
è chiaro pertanto che adesso che c’è
se già hai pagato, è peggio per te.
 
Ogni difetto potrai condonare,
da ciuco in cavallo potrai diventare
in magro da grasso, basta pagare
per stare tranquillo e tornare a giocare.
 
Prodigo quest’anno è stato il Natale
per dono ci ha dato anche il condono,
dallo Stato ideato come mezzo ideale
che riempie le Casse dispensando perdono.

stefano benatti

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L'anno che verrà
 
Caro Amico ti scrivo, così mi distraggo un po’
e siccome sei molto occupato, non molto ti scriverò.
Da quando sei partito, c’è una grossa novità,
l'anno vecchio è finito ormai,
ma qualcosa ancora qui non va.
 
I termosifoni sono spenti ancora, compreso quando è festa,
e c’è chi ha preso la stufa e messo legna nella cesta
E le bollette arrivano per intere settimane,
così che di tempo proprio non ne rimane.
 
Ma la televisione ha detto che il nuovo anno,
porterà una trasformazione,
e tutti quanti stiamo già aspettando.
Sarà tre volte Natale
e pagheremo in contanti tutto quanto,
anche le banche compreranno crediti però solo se all’incanto.
 
Non ci saranno più verifiche e controlli tutto l'anno,
nessuno di comodo si dovrà piu` denunciare,
mentre alcuni già lo fanno.
 
E si pagheranno le imposte ognuno come gli va,
anche l'esenzione IMU avremo,
e non solo per la metà.
 
E senza grandi disturbi qualcuno il Covid beccherà,
resterà in casa non più di cinque giorni
ma gli altri però di certo non infetterà.
 
Vedi Caro Amico,
cosa ti scrivo e ti dico,
cosa si deve inventare,
per poter riderci sopra, per continuare a sperare

L'anno che sta arrivando tra un anno passerà
Io mi sto preparando, è questa la novità.

stefano benatti

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Non olet

Che le casse dello Stato siano sempre e cronicamente vuote, non è solo storia del nostro tempo. Tutti i governanti si sono sempre scervellati per trovare il metodo di far quadrare il bilancio statale (con pochi successi per il vero). Già Pericle si dette da fare sul fronte delle entrate per la sua Atene, mettendo a punto la famosa "pornoelasticon", ovvero la tassa cui erano soggette le "signorine" che frequentavano il porto di Atene (il Pireo). Non è peraltro noto il meccanismo per il calcolo e l’esazione del tributo, per cui si ritiene che fosse fisso e non legato a coefficienti di reddito. Anche Vespasiano, quando fu sovrano di Roma, dovette preoccuparsi dei conti dell'Impero. Non sapendo più da che parte prendere, inventò la tassa sull'orina. Grazie a ciò da allora tutti gli orinatoi vengono chiamati "vespasiani". Come per quello di Pericle, anche per questo tributo non è noto il metodo di calcolo; e nemmeno, a dire il vero, ci interessa conoscerlo. Qualunque sia il presupposto impositivo, l'importante è che il danaro entri nelle casse dello Stato e, per dirla come Niccolò: il fine giustifica il mezzo.

Anche il figlio di Vespasiano, tal Tito, non troppo contento della trovata del padre lo accusò di trarre profitto con metodi oltremodo disgustosi e gli chiese spiegazione di come poteva sopportare l'idea di usare danaro ricavato dall'orina.

Il padre, saggio, per tutta risposta disse: non olet (non puzza).

stefano benatti

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Mutanda

Il passaggio dall’ordine alla confusione è estremamente semplice e facile; non altrettanto il contrario, che in alcuni casi è impossibile. Si pensi ad un acquario. Visto così è un sistema ordinato in quanto tutti gli elementi sono distribuiti in maniera (fisica) ordinata. Accendendo un fuoco sotto l’acquario si ottiene una zuppa di pesce che dal punto di vista fisico non è altro che una “confusione” ovvero una riunione di più elementi in maniera errata.

Sfido chiunque a ripercorrere il tragitto inverso: da zuppa ad acquario.
Ora è chiaro che, voler mettere ordine nel sistema fiscale aggiungendo una leggina qua e un decreto là, non è altro che una presa in giro: prima devono buttare a mare la zuppa di pesce.

A chi è demandato il compito di legiferare in materia fiscale bisognerebbe imporre limiti ben precisi ed in particolare il limite di non modificare dalla sera alla mattina norme in essere da più di vent’anni. Per non alimentare la zuppa di pesce.

Mutano i ministri, ma non muta la loro voglia di mutare le cose.

Mutatis mutandis, nulla muta.
 

stefano benatti

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La rivolta delle arance

L'imposta ottima, alla quale i Governi dovrebbero aspirare, è quella che non grava, non pesa, che non preleva nulla, che, non dico, tende ad accrescere la ricchezza dei contribuenti, ma che comunque non la annulla. Invero ci costringono a ritenere imposta "normale" quella che grava, preleva, taglieggia, quella che porta via assai e poco restituisce ai contribuenti. Questo continuo e progressivo taglieggiamento equipara i contribuenti alle arance: frutti da spremere; tale è infatti l'opinione che hanno i nostri Governanti dei loro sudditi. Questi Signori, però, non hanno tenuto in debito conto la pazienza delle arance, che, come tutti sanno, non è infinita.

A furia di spremerle, dalla buccia sovente partono schizzi che, guarda caso, centrano con mira pressoché infallibile l'occhio dello spremitore.

stefano benatti

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Il raglio dell’asino

L'asino (Equus asinus domesticus), addomesticato già 7000 anni fa, è stato, da sempre, impiegato per molteplici usi quali: soma, traino, sella e lavoro nei campi. Animale molto rustico, presenta un carattere docile, paziente e riservato, ed è capace di provare affetto per coloro che lo trattano in modo conveniente, sapendo riconoscere il padrone anche da molto lontano.
A causa della sua natura forte e robusta ma anche sobria e frugale, è stato trattato con minor cura e maggior durezza rispetto ad altri animali. Nel mondo greco, nel massimo splendore della cultura di Atene, l'asino era considerato sacro e quindi il riferimento all’asino aveva una connotazione positiva. Nel mondo latino, dall’inizio dello strapotere di Roma, invece, l'asino era associato a qualcosa di negativo. Da allora l’asino è come il popolo: utile, paziente e bastonato. Come il popolo, l’asino è un animale la cui mansuetudine viene data per scontata, la cui tolleranza viene considerata infinita. Come per la voce del popolo, il raglio dell’asino non arriva in cielo: è solamente fastidioso.

Io continuo a ragliare, nella speranza di dare fastidio a qualcuno.

stefano benatti

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Le giuggiole e il loro brodo

È la seconda volta nel giro di pochi giorni che un animo gentile ci fa trovare in studio, all’angolo caffè, un sacchetto di giuggiole. Nel mentre si sta indagando chi sia il benefattore, ho chiesto se qualcuno/a avesse mai fatto o assaggiato il brodo di giuggiole. La risposta è stata negativa. Dal momento che sono pettegolo e curioso ho s-google-ato (leggi: sgugolato) e, con mia non eccessiva sorpresa, ho scovato alcune notizie.

Si dice che tra le fonti storiche più remote che citano i frutti del giuggiolo si vi siano le “Storie” di Erodoto, il quale avrebbe paragonato il gusto dolce della giuggiola a quella del dattero, raccontando che da essa si poteva ottenere una bevanda inebriante, utilizzando la sua polpa fermentata.

Alcuni studiosi ipotizzano inoltre che nel Libro IX dell’Odissea il “frutto del loto” citato da Omero che portò all’oblio gli uomini di Ulisse sbarcati sull’isola dei Lotofagi, possa in realtà corrispondere ad una specie di giuggiolo selvatico, e dunque l’incantesimo narrato sarebbe stato provocato dalla bevanda alcolica preparata con i frutti inebrianti di questa pianta e non da sostanze narcotiche.

Personalmente propendo per la versione Omerica. È più poetica e intrigante. Vado subito a vedere se è rimasta qualche giuggiola nel sacchetto per prepararmi un brodino; vi saprò dire se avrò ottenuto lo stesso effetto che le giuggiole hanno avuto sui compagni di Ulisse: dimenticare il passato e far svanire ogni preoccupazione per il futuro.

stefano benatti

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La fatica di Sisifo

Sisifo, il fondatore di Corinto, per la sua malvagità fu condannato, nell'altro mondo, a portare un grosso mas-so su di una montagna, il quale dalla cima rotolava giù e così di seguito per l’eternità. Fatica inutile, come quella di Sisifo, è quella alla quale anche noi siamo condannati, non per la nostra malvagità (forse), nel tentativo, altrettanto inutile, di rimanere al passo con le norme fiscali. Folle corsa verso il nulla, tutt'altro che gratificante e stimolante. Fatica che, poi, ci obbliga a diventare poliglotti, posto che ogni giorno dobbiamo fare i conti con terminologia più astrusa che arcana, come: fiscal drag (non è una droga); capital gain (nuovo videogioco); minimum tax (taxi per piccoli di statura); flat tax [imposta sull’emissione dei peti (flatulenze)]. Questa confusione linguistica, oltre che normativa, genera, inevitabilmente, impossibilità dl comprensione; genera una nuova Torre di Babele. Mentre l'originaria Torre di Babele era stata eretta quale simbolo negativo della sfida a Dio, l'attuale Torre di Babele è un vero e proprio insulto ai più elementari concetti di razionalità e di giudizio.


stefano benatti

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